Il weblog di Gokachu


lunedì, dicembre 31, 2007








domenica, dicembre 30, 2007
A me nessuno mi dice mai niente*
Sebbene sia iscritto a una trecentina di feed RSS di vari blog di cui parecchi di cinema, nessuno mi aveva mai detto che Paul Thomas Anderson ha fatto un nuovo film, che si chiama There Were Be Blood, che è entrato di prepotenza nella classifica dei 250 migliori film di IMDB e che si becca un 9 (NOVE), come avrete notato se avete fatto lo sforzo di cliccare sul titolo del film. Hype.

Protagonista un Daniel Day-Lewis che io non vedevo da Gangs of New York e di cui il New York Post descrive sobriamente l'interpretazione così: "The best movie performance so far this century? No contest. There's Daniel Day-Lewis' awe-inspiring turn as a greedy oilman in There Will Be Blood, and there is everyone else."
Altre recensioni entusiaste su rotten tomatoes. Uscita prevista in Italia 15 febbraio 2008.

Adesso non potete dire che nessuno ve l'aveva detto.



* rettifica: qualcuno ne aveva parlato e qualcun altro aveva postato il trailer. E se lo avevate fatto anche voi e non me ne sono accorto ditemelo che vi aggiungo ai feed.



sabato, dicembre 15, 2007
Consigli per i regali di Natale
E' uscito in italiano il primo libro di Mr Wiggles (grazie a Cineblob per la dritta).



mercoledì, dicembre 12, 2007


martedì, dicembre 11, 2007


domenica, dicembre 09, 2007
I 250 film più belli che non ho visto (#56)
Nel 1944 avevo altro da fare che andare al cinema, siano benedetti i DVD.

(sceneggiatura di Wilder-Chandler, se il resto non bastasse)



sabato, dicembre 01, 2007
Ich bin ein Europeaner: Mein Führer - La veramente vera verità su Adolf Hitler
Ci sono vari possibili motivi per cui una persona non particolarmente determinata può decidere di uscire di casa in una sera di novembre, andare al cinema, spendere dei soldi e passare un paio d'ore in una sala buia. Raramente nel mio caso questo motivo è stata la presenza di un particolare attore nel cast, essendo casomai la regia ad attrarre il mio interesse.
Ma nel caso di Mein Führer era difficile non cedere alla tentazione di vedere ancora una volta in azione Ulrich Mühe, splendido attore che molti di noi non conoscevano prima della sua eccezionale prestazione in Das Leben der Anderen, e che è morto poco dopo la nostra scoperta.

Ulrich Mühe è molto bravo anche qui, e se c'è una cosa che il film può vantare è l'ottimo cast dei protagonisti. Ma un film purtroppo, o per fortuna, non è solo interpretazione, e ha alla sua base una storia e una sceneggiatura. Quelle di Mein Führer non sono sufficienti a farci uscire dal cinema soddisfatti.

La trama in poche righe: siamo vicini al capodanno del 1945, la Germania è un cumulo di macerie, la guerra è persa. Goebbels concepisce l'idea di tenere un grande discorso, di fronte a un milione di persone, con delle quinte a nascondere le case distrutte. Leni Riefensthal girerà un documentario dell'evento; i cinema di tutta Europa lo proietteranno, il morale dei tedeschi verrà risollevato e il Reich risorgerà. Ma Hitler non è più quello di una volta, non può tenere un trascinante discorso, è depresso, triste, invecchiato. Adolf Israel Grünbaum, un famoso attore ebreo, rinchiuso in un campo di concentramento, viene scelto per aiutare con il suo modernissimo metodo di recitazione il Führer a ritrovare la potenza oratoria di un tempo.

Sul rapporto tra Hitler e il professor Grünbaum si sviluppa tutto il film, tra confessioni insospettate da parte del dittatore e dilemmi morali da parte del professore: deve o no uccidere Hitler quando ne ha la possibilità?

Evitiamo di entrare troppo pesantemente nella polemica riguardante l'opportunità o meno di mettere in scena Hitler in una commedia, per di più tedesca. Però una cosa va detta: se un autore decide di arrischiarsi a fare una cosa del genere, deve avere dei buoni motivi per farlo.

Invece, visto il film, non si percepisce affatto l'urgenza della sua realizzazione. I nazisti vengono sbeffeggiati per via della loro maniacale fedeltà agli ordini dati, per il loro continuo urlare HEIL HITLER, per la loro burocrazia. Sono buffi. Però questo era già stato fatto in To be or not to be da Ernst Lubitsch, e francamente rispetto a quel modello qui non c'è granché di nuovo (senza fare impietosi confronti sul piano qualitativo).

La messa in scena dell'umanità, della piccineria e anche della possibile tenerezza di Hitler è tutto sommato ben riuscita, sempre grazie alle prove attoriali, ma anche qui non si vede la necessità di mettere in scena un Hitler siffatto quando tentativi del genere sono stati effettuati ultimamente, in contesti non di commedia, da Sokurov e da Hirschbiegel e con risultati decisamente superiori.

Per chiudere, il finalino moralista, che ricorda fin troppo quello di The Great Dictator, sembra appiccicato lì per scusarsi di aver fatto tanta commedia su un tema tanto serio.

Al di là di questo, ovvero dell'opportunità o meno del lavoro, giudicandolo semplicemente come una commedia in un sottofondo tragico, il film risulta comunque non perfettamente riuscito. Alcuni caratteri emergono con forza (oltre ai protagonisti, un notevole Goebbels), ma altri sono delle macchiette piatte e stereotipate, senza profondità (su tutti un Albert Speer segretamente innamorato di Hitler e un Heinrich Himmler complottista). Si ridacchia, non ci si annoia, si presta attenzione allo sviluppo della trama (per poi venire definitivamente delusi dal finale), ci si alza e ce ne si va senza che il film abbia lasciato in noi alcunché per cui ce lo ricorderemo domani. Un po' pochetto.