Il weblog di Gokachu


venerdì, novembre 28, 2003
Visto negli ultimi giorni II
Zatoichi di Takeshi Kitano m'è sembrato un film davvero di genere o di gioco sulla contaminazione dei generi, e poco "di Kitano", che esce con le sue caratteristiche autorali (o autoriali? Guzzanti o Ferrara?) solo in alcune sequenze, non poche, e peraltro estremamente divertenti. Ho trovato bellissimo il balletto finale; io avrei fatto danzare anche i morti, magari privi degli arti perduti (Those of you lucky enough to still have your lives. Take them with you. But leave the limbs you've lost. They belong to me now.). Qualcuno sa come si chiama il pezzo che me lo procuro? Comunque per concludere il discorso; Kitano non ha mai avuto successo come regista cinematografico in Giappone, restando relegato alla nicchia del pubblico internazionale dei festival. Secondo me negli ultimi quattro film c'è stato un tentativo di fuoriuscire dall'accerchiamento con questa evoluzione:
1) riproposizione dei temi che han fatto la fortuna del suo cinema ma in una dimensione meno estrema, più tollerabile (L'estate di Kikujiro)
2) Tentativo di apertura al pubblico non di nicchia americano, con un film girato prevalentemente in inglese e con tratti di vicinanza a certo cinema di quelle parti (Brother)
3) Ritorno al pubblico da festival con un'esasperazione del lato estetico e dei tempi dilatati del racconto (Dolls)
4) Apertura al pubblico giapponese, attraverso una rielaborazione libera ma soddisfacente per gli appassionati di figure cinematografiche tradizionali, con l'inserto sia di una rappresentazione della violenza irrealista/iperrealista sia di elementi tipici del suo cinema. (Zatoichi)

Il tentativo più riuscito mi sembra quest'ultimo. Però mi piacerebbe vedere, presto, un film di Kitano di quelli di un tempo, dove la tragedia del vivere emerga tra i giochi insensati come una vera tragedia, e non come una rappresentazione, per quanto divertente, incantevole, intelligente. Insomma, mi manca il Kitano pessimista.