Il weblog di Gokachu |
martedì, marzo 15, 2005
Visto oggi: The Tesseract
Oxide Pang affronta da solo, senza il fratello Danny, la sfida di questo film: trasformare in celluloide il romanzo omonimo del rinomato scrittore inglese Alex Garland (The Beach, 28 Days Later, Black Dog). Sfida vinta/sfida persa? Boh, il libro non l'ho letto, anche se il film me ne ha fatto venire una discreta voglia. Diciamo che il progetto è ambizioso: una storia noir messa in scena con un processo continuo di flashback e flashforward, di eventi che si svolgono parallelamente e convergono. La cosa non è nuova, è già vista, ma mentre altrove (chessò, Satantago, Elephant) i punti focali non sono molti, qui il processo è continuo; i personaggi vengono messi in scena in questo modo in continuazione, i punti di incontro delle vicende parallele sono molti, e ripetutamente siamo di fronte a sequenze che si chiudono in una scena "già vista". Nonostante la struttura narrativa bizzarra, che immagino derivi direttamente dal libro ("tesseract" è per l'appunto la rappresentazione tridimensionale di un cubo quadridimensionale, e il riferimento non è alle vicende narrate ma alla struttura narrativa) il film non è affatto difficle da seguire, anzi è forse un po' troppo facile. Lo spaesamento che in condizioni simili coglie lo spettatore, per esempio in 21 grammi, qui è assente. La facilità di lettura forse indebolisce il film, che però ha molte buone frecce al suo arco. Innanzitutto c'è lo "stile Pang", che a me piace molto ma che, vi avverto, ha i suoi detrattori. In questo film, forse per l'assenza di Danny, è particolarmente esasperato. Angoli di ripresa estrosi, filtri, ralenti, bullet time, CGI usata con generosità; chi ha apprezzato visivamente gli altri film può farsi un giretto in questo con assoluta fiducia. Poi c'è il lavoro degli attori. Il film è congegnato per essere venduto sul mercato occidentale; quindi è parlato quasi totalmente in inglese e ha due protagonisti inglesi. Sembrerebbe un difetto e invece no: Jonathan Rhys-Meyers mi è piaciuto ben più che in, per esempio, Sognando Beckham, e Saskia Reeves, che non conocevo, è una piacevole scoperta. Discretamente insopportabile invece il ragazzino, Alexander Rendel, che purtroppo ha il ruolo più importante. Film buono quindi? Be', si e no. Alcune cose funzionano molto bene, alcune sequenze sono davvero una festa per gli occhi, il tema del lavoro (il caso, il destino) è interessante e svolto con impegno; il film vale una visita. Però il regista tiene troppo a farci capire cosa succede, forse preoccupato dalla struttura non lineare del racconto, e così la pellicola a volte si annebbia in passaggi sgraziati ed esplicativi. In ogni caso, se Bangkok Dangerous resta un'altra cosa, non mi pento affatto di averlo visto. Disponibile a noleggio - trailer
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