Il weblog di Gokachu


domenica, giugno 26, 2005
Effetto domino
Se si pianta il seme della democrazia in Iraq, l'intera regione ne uscirà rivoluzionata, sostiene la dottrina Bush. Ci sarà, dicono, un virtuoso effetto domino. Questa è la nuova politica estera americana. Questa è la loro nuova politica di sicurezza. Questa è la loro guerra al terrorismo. Giusta o sbagliata che sia, di questo bisognerà tenere conto.* Sbagliata, sbagliata.


L'Iran è come la Jugoslavia di Slobodan Milosevic, come le Filippine degli ultimi mesi di Marcos, come la Polonia prima del crollo del comunismo. Il regime fondamentalista degli ayatollah si sta sbriciolando, come dimostrano quei cartelli sui tetti rivolti ai caccia americani in volo verso l'Afghanistan. Quei cartelli dicevano: "Bombardate anche qui". L'Iran è come un grande carcere con i cittadini nel ruolo di prigionieri in attesa di essere liberati. Non con i marines. Non ce ne sarà bisogno. La straordinaria arma a disposizione dell'Occidente è il popolo oppresso dal regime. In Iran la guerra rivoluzionaria è già in atto. La società civile (che in Iran c'è) è in rivolta, le manifestazioni contro il regime non si contano più, la partecipazione è incredibile, gli operai scioperano, i ragazzi scendono in piazza per il diritto di potersi tenere per mano. Più di metà della popolazione ha un'età inferiore ai 25 anni. Non ne possono più delle imposizioni dei mullah e della polizia religiosa, vogliono uscire per strada, divertirsi come i coetanei occidentali. Il programma tv più popolare è Baywatch, trasmesso via satellite dalla California.
Il regime crollerà. Questo si pensa a Washington. Specie se cadrà Saddam. Il destino di Iran e Iraq è comune. Non è immaginabile che il popolo iraniano tolleri ancora le imposizioni degli ayatollah, se la libertà arrivasse a Baghdad.
* E' immaginabile, è immaginabile.

*Christian Rocca, Il Foglio, 18 febbraio 2003.