Il weblog di Gokachu |
mercoledì, dicembre 21, 2005
Alia: A History Of Violence
Sebbene sia costruito su una sceneggiatura saputa e risaputa - il passato che ritorna, la famiglia felice che viene sconquassata, l'abisso che incombe dietro la facciata pacifica della vita di provincia -, quasi priva di tematiche proprie della sua poetica e per di più pesantemente ridondante in alcuni punti, sebbene sia quasi un film su commissione, quasi un film pronto per essere girato da qualcun'altro, quasi un film che gli è capitato per caso, il nuovo lavoro di Cronenberg non di meno ha sufficienti frecce al suo arco per costruire la nostra felicità: la scansione lenta delle scene, l'accantonamento repentino e imprevedibile di personaggi che si erano conquistati una loro centralità, la progressione inesorabile, il passaggio brusco alla violenza, l'inquietudine metafisica inoculata nello spettatore, il pessimismo integrale, il mesto, silenzioso, straziante finale. Non è uno dei Cronenberg migliori che ricordiamo, ma dopo una lunga deriva del nostro verso lidi eleganti, sofisticati ed esangui, è un molto gradito ritorno alla visionarietà terrigna che dopo La Mosca avevamo rivisto solo in Crash. Diffidate delle stroncature e visitate fiduciosi. P.S. Noterella di costume che avrei messo nei commenti che però in questo momento non funzionano: il pubblico è stato molto rispettoso e silenzioso durante la proiezione. Il che potrebbe far pensare che fosse un buon pubblico. Invece no: tra il primo e il secondo tempo (che non hanno avuto intervallo in mezzo ma solo il cartello INTERVALLO) l'obbiettivo del proiettore è passato da quello giusto a quello sbagliato. Per un bel po' la proiezione è andata avanti mostrando un'immagine schiacciatissima. Ora, non solo l'unico della sala che ha gridato QUADRO son stato io, ma se non mi fossi alzato e faticosamente non avessi oltrepassato gli altri spettatori seduti nella mia fila per andare ad avvertire il proiezionista, probabilmente il popolo cinematografico avrebbe visto il film orrendamente appiattito fino alla fine, silenziosamente, senza proferire motto. Il pubblico silenzioso non è pubblico buono: l'unico pubblico buono è il pubblico morto.
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