Il weblog di Gokachu


sabato, luglio 10, 2004
Visto oggi: The call
Come sa chi mi segue da un po' di tempo, Takashi Miike è un regista che amo molto, e sono stato contentissimo di sapere che un suo film venisse finalmente distribuito in Italia, anche se all'interno di quella moda lanciata da The Eye che sta imperversando (con mio piacere) nelle nostre sale. Mi aspettavo molto da questa pellicola, e soprattutto mi aspettavo che la distribuzione si fosse ingannata, che dietro l'apparenza di horror orientale tipico stesse una realtà diversa, che fosse per l'horror "à la Ring" quello che Dead or alive è stato per lo yakuza eiga: la sua estremizzazione esplosiva. Non è così. Il film è comunque apprezzabile, e se non fosse di Miike ne sarei forse a tessere le lodi; la prima parte, in cui viene esposto il tema, è ampiamente debitrice di Ring, come si poteva immaginare; in questa parte c'è almeno un'ottima sequenza, quella del set televisivo. Meno immaginabile era una seconda parte pesantemente influenzata da Dark Water ma soprattutto da Ju-on, che certo sembrerà meno vista di quanto è parso a me a chi questi film non li conosce; più chiari a tutti saranno invece i riferimenti all'horror italiano, che, ricordiamolo, in Giappone è oggetto di culto. Dal mio punto di vista ne segnalo la buona realizzazione, condita con alcuni brevi sprazzi di regia violenta, ma le preferisco gli originali se non addirittura il tanto vituperato Phone. Dove finalmente lo stile autonomo di Miike compare, anche se non pienamente dispiegato, è nel vorticoso finale, che ci permette di non rimpiangere affatto i soldi del biglietto. Non ci manda però lo stesso a casa felici e contenti, perché si rimane, comunque, fortemente al di sotto delle aspettative. Dal pubblico italiano mi aspetto due reazioni: da una parte chi ignora il regista troverà un horror ben piantato su solide basi, con forse un finale un po' troppo enigmatico per i suoi gusti; chi invece non ha mai visto niente di lui ma ne ha sentito strombazzare le lodi su queste e altre pagine potrebbe pensare perplesso: ma è tutto qui il genio giapponese che tanti ammirano? Terrei semplicemente a mettere in chiaro che non è tutto qui.