Il weblog di Gokachu |
domenica, novembre 30, 2003
sabato, novembre 29, 2003
Visto oggi
XXX de La Fura dels Baus è uno spettacolo molto divertente, pieno di invenzioni pur nella sostanziale fedeltà al modello letterario (La filosofia nel budoir di Sade) e molto simile peraltro ad un porno show (lo dice uno che è stato a vedere Selen ai tempi d'oro). Uno spettacolo che val la pena di essere visto soprattutto per la sua sontuosità visiva e per l'uso spregiudicato delle macchine, ma che eviterei di definire sconvolgente, trasgressivo, estremo (i Raffaello Sanzio, per ricordare la mia recente delusione, lo sono molto di più). Certo, rispetto ai canoni del pubblico pagante probabilmente lo era; chissà quante di quelle persone erano in sala attratte dal gusto del proibito con l'alibi della cultura alta e del teatro, e non oserebbero mai noleggiarsi una videocassetta hard. Comunque, vale decisamente la non piccola spesa. venerdì, novembre 28, 2003
Visto negli ultimi giorni IV
La mostra romana sulla pittura metafisica non mi ha regalato grandi emozioni; a parte alcuni lavori, ho trovato la fastidosa sensazione che in qualche modo la visione dell'originale fosse in qualche modo inferiore al mio ricordo delle loro riproduzioni. Colpa forse della luce bianca e gelida delle lampade, e di una giornate uggiosa che non regalava interventi di luce naturale di temperatura diversa.
Visto negli ultimi giorni III
R#07, settima puntata e puntata romana della Tragedia Endogonidia dei Raffaello Sanzio, è stato piuttosto deludente, almeno per me che mi son fatto 800 chilometri e due giorni fuori casa per vederlo. Bello l'inizio (una scimmia si aggira in uno spazio totalmente bianco, separata dal pubblico da una lastra di vetro con sbarre metalliche, mangiando noccioline e giocando con una tunica vuota. Evidentemente Kubrick c'entra qualcosa) e alcune trovate sceniche, molto robuste ma che impallidiscono rispetto al ricordo che ho di altri loro spettacoli. C'era un uso peraltro ridotto dei loro tipici, meravigliosi, infernali macchinari scenici. La decisione di dedicare la puntata in qualche modo alla Chiesa non mi ha trovato felice; tutti i pretini che si aggiravano in scena mi infastidivano e basta. Insomma, non era male, ma era molto meno di quanto mi aspettassi. E durava anche troppo poco. Resta il dispiacere di non aver visto altre puntate invece di questa: chi ha assistito ai video delle rappresentazioni precedenti me ne ha detto mirabilia.
Visto negli ultimi giorni II
Zatoichi di Takeshi Kitano m'è sembrato un film davvero di genere o di gioco sulla contaminazione dei generi, e poco "di Kitano", che esce con le sue caratteristiche autorali (o autoriali? Guzzanti o Ferrara?) solo in alcune sequenze, non poche, e peraltro estremamente divertenti. Ho trovato bellissimo il balletto finale; io avrei fatto danzare anche i morti, magari privi degli arti perduti (Those of you lucky enough to still have your lives. Take them with you. But leave the limbs you've lost. They belong to me now.). Qualcuno sa come si chiama il pezzo che me lo procuro? Comunque per concludere il discorso; Kitano non ha mai avuto successo come regista cinematografico in Giappone, restando relegato alla nicchia del pubblico internazionale dei festival. Secondo me negli ultimi quattro film c'è stato un tentativo di fuoriuscire dall'accerchiamento con questa evoluzione: 1) riproposizione dei temi che han fatto la fortuna del suo cinema ma in una dimensione meno estrema, più tollerabile (L'estate di Kikujiro) 2) Tentativo di apertura al pubblico non di nicchia americano, con un film girato prevalentemente in inglese e con tratti di vicinanza a certo cinema di quelle parti (Brother) 3) Ritorno al pubblico da festival con un'esasperazione del lato estetico e dei tempi dilatati del racconto (Dolls) 4) Apertura al pubblico giapponese, attraverso una rielaborazione libera ma soddisfacente per gli appassionati di figure cinematografiche tradizionali, con l'inserto sia di una rappresentazione della violenza irrealista/iperrealista sia di elementi tipici del suo cinema. (Zatoichi) Il tentativo più riuscito mi sembra quest'ultimo. Però mi piacerebbe vedere, presto, un film di Kitano di quelli di un tempo, dove la tragedia del vivere emerga tra i giochi insensati come una vera tragedia, e non come una rappresentazione, per quanto divertente, incantevole, intelligente. Insomma, mi manca il Kitano pessimista.
Visto negli ultimi giorni I
Once Upon a Time in Mexico di Robert Rodriguez è tutto sommato un film mediocre e si può tranquillamente perdere, però ci sono alcune sequenze davvero molto divertenti. Depp vendicatore vestito di nero e con bambino guida è un bel vedere, Salma Hayek è sempre Salma, e poi a Rodriguez gli voglio bene. mercoledì, novembre 26, 2003
Chiuso per Endogonidia
Questo blog probabilmente non sarà aggiornato prima di giovedì notte (ma poi chi lo sa, se trovo un accesso lo aggiorno) causa R#07. martedì, novembre 25, 2003
Novecentotrentatre minuti dopo
E' valsa davvero la pena di guardare le quattordici puntate di Berlin Alexanderplatz di Fassbinder. Non fosse altro per ques'ultima, dionisiaca puntata in cui il racconto, per tredici puntate lineare e tradizionale, nonostante i cartelli, nonostante la recitante voce fuori campo, nonostante i flashback spesso ossessivi, impazzisce. Dove vediamo personaggi che ci hanno accompagnato per mesi uscire dal naturalismo e indossare panni teatrali di teatro d'avanguardia. Dove scopriamo di amare alla follia i personaggi, specialmente quel Reinhold malvagio, farabutto, traditore, assassino, balbuziente, tenero, meravigliosamente reso da Gottfried John e che non ci leveremo mai più dalla testa. Dove scopriamo di riconoscere a prima vista dei comprimari che sono stati in scena per pochi minuti dieci puntate prima. E dove termina con un viaggio in Franz Biberkopf il viaggio con Franz Biberkopf nella Germania tra le due guerre, un viaggio spesso faticoso (anche a causa dell'improvvida decisione di Ghezzi di fare due puntate a sera) da cui emergiamo cresciuti, ammaliati, cambiati. E chi se lo è perso, peccato. lunedì, novembre 24, 2003
E' giunta l'ora delle decisioni irrevocabili
Stasera su Raitre Raiot non c'era; e non ho potuto nemmeno vedere lo spettacolo all'Auditoriuml'Ambra Jovinelli. Ma solo Socci, Vespa e Giletti mi devo sorbire? Adesso basta, vado su Megachip e firmo l'appello a favore della Guzzanti.
Questo blog è forse diventato uno specchietto delle opinioni di Sofri?
Scopro con ritardo, grazie a Simone, una lettera bella e commovente di Adriano Sofri a Berlusconi sulle sue dichiarazioni riguardanti la Cecenia, e una sbrigativa risposta del presidente del consiglio dei ministri. domenica, novembre 23, 2003
Kill Bill, la versione giapponese
Non se ne trovano ancora le tracce in rete, a parte alcuni commenti di spettatori che però non avendo visto la versione occidentale non possono fare un confronto. Tutto quel che ho trovato è la locandina giapponese, che mostra notevoli affinità con la copertina di Watchmen.
Takeshi l'ingenuo
Quando ho cominciato questo progetto non pensavo che il film sarebbe stato distribuito all'estero e poiché il personaggio è così ben conosciuto in Giappone non credevo di aver bisogno di aggiungere delle informazioni sul background del personaggio. Midnight Eye intervista Takeshi Kitano intorno a Zatoichi. venerdì, novembre 21, 2003
Ahhh
Un sito per rilassare la vista dopo che si è guardato il monitor troppo a lungo. O no? (Via J-walk)
Sogno o son desto?
Esce in Italia un film d'animazione francese tratto da un libro di Milo Manara (credo Kamasutra), che ne mantiene il soggetto ma butta via il chara design. Già questo è palesemente assurdo, non essendo Manara in grado di scrivere alcunché e avendo invece ovvie doti di disegnatore. Ma la cosa che è ancora più strana è che qui a Pisa è in programmazione solo il pomeriggio. O sbagliano target o oltre a prendere un soggetto probabilmente debole ci han pure tolto le scene di sesso, che in Manara sono lo scopo attorno al quale ruota il (pre)testo.
A voi non ve ne frega niente ma...
...anche questa settimana niente Zatoichi a Pisa, la terra dimenticata dal tempo. E neanche A snake of june, ci mancherebbe. giovedì, novembre 20, 2003
Visto ieri
Matrix revolutions, di Andy e Larry Wachowski, 2003. Con deciso ritardo ho visto la conclusione della trilogia di Matrix, che mi era stata annunciata a più riprese come una boiata infame e quindi non mi ha deluso. Degna conclusione della trilogia. Matrix 1 nasceva già estremamente imperfetto, diviso tra la sua anima di pensoso racconto cyberpunk e action puro; di fatto dopo un primo tempo che lasciava sperare in qualche cosa di dannatamente buono, si scivolava verso l'action estremamente spettacolare, con la non piccola scusante di esserlo in modo innovativo e contaminato, di ricorrere ai migliori specialisti hongkonghesi del genere dando a loro disposizione un budget enorme, e di diventare immediatamente un'icona e un punto di riferimento per i film d'azione di tutto il mondo. Sacrificando del tutto il cyberpunk e concendendosi delle ingenuità di sceneggiatura imperdonabili, sprecando dell'ottimo materiale (il tradimento di Cypher avrebbe potuto essere trattato in modo potente e filosoficamente imbarazzante, invece di come lo è stato) in maniera poco assennata, ma comunque producendo qualcosa di "mai visto". Matrix Reloaded invece segnava il passo: mentre il substrato pseudofilosofico riceveva linfa in extremis, nel dialogo con l'architetto, erano le scene d'azione a essere deludenti, tranne un paio; e tutto gli si poteva perdonare tranne questo, al sequel di Matrix. In Revolutions cosa abbiamo? Abbiamo che il risollevamento finale delle ambizioni cyberpunk che si era visto in Reloaded viene abbandonato in cambio di cazzotti e polvere da sparo. L'azione c'è ed è tutto sommato molto godibile anche se con un imperdonabile difetto: non è quella che ci aspettiamo da Matrix. A un combattimento iniziale pallida replica di quello tra le colonne del primo Matrix e alla liquidazione dei personaggi del Merovingio e dell'Architetto fanno fronte una lunga battaglia tra seppie e umani muniti di esoscheletri molto ben fatta anche se un po' monotona nello sviluppo, che però sarebbe stata molto meglio in uno Star Wars episode XX, una rappresentazione della città delle macchine Zero-One di indubbio impatto visivo e un combattimento finale tra Neo e Smith, che sicuramente ha dei motivi di interesse e in qualche modo ci riporta alle origini della rappresentazione action della serie ma è l'unico episodio nell'intero film a farlo (tranne le gesta di Seraph, purtroppo per poco tempo sullo schermo). I lati positivi vengono gettati alle ortiche con una sceneggiatura e dei dialoghi davvero fiacchi: all'ennesima (e definitiva) morte di Trinity nessuno può versare una lacrima, dopo tutto il loro mieloso discutere d'amore; le riunioni del Consiglio di Zion ricordano (nel male e solo in quello) le assembleari noie degli ultimi Star Wars, e l'Oracolo diventa davvero insopportabile coi suoi biscottini. In conclusione questo terzo episodio scrive davvero la parola fine su un tentativo che specie nel primo tempo del primo episodio aveva davvero lasciato sperare, impoverendo definitivamente un luogo mitico e cinematografico abitato dall'ottimo Animatrix ma ormai senza speranza.
Sofri VS Bertinotti
Il dibattito di ieri a Otto e mezzo sul comunismo è stato interessante ma meno di quanto ci si potesse attendere dalle premesse. Invece niente male (specie quelle di Sofri, in alcune delle affermazioni del quale mi riconosco molto) sono le due lettere che han dato inizio alla querelle. Sono recuperabili qui.
Pubblicità non pagata
Ma come fanno i succhi di frutta al 100% senza zucchero aggiunto Santal a essere così dolci? Slurp. mercoledì, novembre 19, 2003
Al cinquantatreesimo posto per la libertà d'informazione
"Sospeso temporaneamente" Raiot. Niente da fare, fino al 2006 siamo in apnea.
Visto oggi
Il miracolo, di Edoardo Winspeare, 2003. Winspeare è stato brevemente ai centro di qualche discorso nella blogosfera a causa degli anatemi di Labranca. Come dissi allora, a me piace e me ne frego se il suo è un sud esistente o una macchietta pittoresca. Questo suo piccolo film, girato interamente a Taranto con attori non professonisti, è molto piacevole e ha alcuni momenti intensi; gli attori hanno a volte bellissime facce, specie i due protagonisti e il nonno. La ragazza con il suo volto chiuso per quasi tutto il film riesce ad emozionare quando verso la fine un po' sorride. Alcuni arrancano nella recitazione, specie i personaggi di contorno; ho avuto l'impressione che un po' tutti avessero la tendenza a gesticolare in modo nervoso, ma dopo un po' ci si abitua. Inizia davvero molto bene, si impaluda un po' nella parte centrale e si ripiglia con un gran finale non originalissimo ma efficace. Interessanti la fotografia e la colonna sonora. Bello, molto diverso da Sangue vivo, meno esplosivo, più raccolto, e anche meno disperato. martedì, novembre 18, 2003
Segnalazioni televisive
Segnalando en passant che stasera NON c'è Pollicino, nel fine settimana Ghezzi ci darà dentro con il cinema giapponese e con Suzuki in particolare: venerdì l'ormai classico La farfalla sul mirino, aka "Il marchio dell'assassino" (seguìto da "Lo spione" di Jean-Pierre Melville, tanto per gradire) e sabato il recente Pistol Opera, che ne è il sequel.
Lutto nazionale
Oggi Adriano Sofri su Repubblica: Prima voglio dire che le frasi sui “nostri ragazzi” mandati allo sbaraglio non mi piacciono. Non solo perchè alcuni sono uomini fatti e padri di famiglia. Ma perchè devo pensare che tutti siano uomini e donne responsabili; volontari, che devono aver molto immaginato e riflettuto al rischio che li aspettava. Non mi piace il paternalismo un po’ razzista che ne fa carne da cannone agli ordini di mandanti facili, “senza sapere perchè”. (trascrizione da Wittgenstein)
I 40 migliori registi del mondo
Il Guardian pubblica il solito listone dei migliori registi viventi. Mi colpiscono positivamente; Lynch in prima posizione, Miyazaki in ottava e Béla Tarr addirittura in tredicesima (meritatissima e sorprendente per un regista così poco conosciuto). Troppo in giù Wong Kar-wai, che secondo me andrebbe quantomeno tra i primi cinque, e Paul Thomas Anderson. Sorpresa, c'è anche il beneamato Miike, in 38esima posizione. Qualcuno tra quelli che ha compilato la lista qualcosa ci capisce. Sopravvalutati i Wachowski, Walter Salles e Steven Soderbergh, che non mi dispiace, ma quarto? (via Inkiostro)
Escusatio non petita
Questo blog non ha avuto aggoirnamenti di rilievo negli ultimi giorni perché sto perdendo il mio tempo e la mia calma dietro l'installazione di una scheda audio 5.1 e di satelliti e subwoofer. Nonostante tutti i miei tentativi dal canale centrale non esce alcun suono, e questo rende piuttosto difficile vedere i dvd ;_; domenica, novembre 16, 2003
I Tigrotti americani
Toledoblade ha pubblicato un interessante reportage che non ha riscosso molto interesse da parte dei media su un corpo speciale americano che in una campagna di terrore durata sette mesi durante la guerra del Vietnam uccise centinaia, forse migliaia, di donne, vecchi, bambini e civili indifesi, senza lesinare torture e mutilazioni. I documenti provengono da un'inchiesta durata 31 anni e mezzo. Dev'essere il nome a portar male. (via Salon )
Masochista me
Dovrò organizzare una gita a Firenze per vederlo, ma mi faccio del male segnalando una bella stroncatura di Zatoichi su Cinemavvenire. Be', non è proprio una stroncatura tout court, ma rispetto alle aspettative e ai giudizi correnti, si. Update: stroncatura (questa volta sul serio) anche di Marquant. sabato, novembre 15, 2003
Non sono un patriota
Non sono neanche ebreo, ma a me notizie come questa fanno molta più rabbia e orrore di quelle dei soldati italiani caduti in Iraq o del continuo stillicidio di quelli americani.
A colpo d'occhio
Il nuovo blog collettivo cinematografico di RedmondBarry, Cinebloggers Connection, mi sembra una bella idea; a colpo d'occhio si vedono le opinioni dei blogger che parlano "de cinema" sui vari film, e con un clic si possono leggere le recensioni (che sono tenute giustamente lontane). Devo dire che trovo grandi difficoltà con la piattaforma di Splinder ma vedrò di abituarmi. venerdì, novembre 14, 2003
Se non è megalomania questa...
Nel caso per qualche motivo vogliate essere aggiornati sui commenti a questo blog (per esempio se avete commentato un post di sei mesi fa e vi aspettate irragionevolmente una risposta ma non vi va di rovistare periodicamente negli archivi, oppure vi interessava la discussione su Dogville e non avete voglia di aprire i commenti a quel post ogni volta per vedere se c'è qualcosa di nuovo), Haloscan mette a disposizione il feed rss dei commenti elencati in ordine di sottomissione e slegati dalla data del post. Trovate questa sciccheria tecnologica qui.
Ai margini del mondo civile
Esce oggi in tutta Italia l'ultimo film di Takeshi Kitano, Zatoichi. A Pisa no. giovedì, novembre 13, 2003
Visto oggi
Dogville, di Lars Von Trier, 2003. Sarò banale e dirò: brechtiano. Ma non tanto per l'assenza di scenografia e per le luci teatrali, per l'evidente irrealtà del set, per la volontà di dichiarare in ogni momento che di finzione si tratta, ma perché è una storia a tesi, con una tesi semplice e ahimé condivisibile, che è la stessa tesi di Brecht in L'anima buona del Sezuan e che potremmo riassumere con un "non si può essere buoni in un mondo capitalista" e che qui viene leggermente modificata in "non si può essere buoni in America". Con l'opera di Brecht c'è in comune anche il dualismo della protagonista, anche se qui è temporalmente determinato, l'ipocrisia della società, il didascalismo della rappresentazione. Sarò altrettanto banale e dirò: non brechtiano. Perché questo è teatro di attori, perché la recitazione è fortemente naturalistica, perché la macchina si dimentica del set e indugia sui volti che ci assorbono, ci emozionano, ci coinvolgono. Perché l'assenza di scenografia non è funzionale allo straniamento, al risveglio del pensiero nello spettatore, ma serve solo a concentrare la nostra attenzione sulle facce dei protagonisti. Che pur caratterizzati come "tipi", pur cominciando come maschere, ben presto sotto la pressione del grande talento dei loro portatori (Nicole Kidman, Ben Gazzara, Laureen Bacall, Philip Baker Hall, per dirne qualcuno) diventano personaggi a tutto tondo, strasberghiani, stanislawskiani. Un film che è dramma e tragedia insieme, e dove, per una volta in un film del regista danese, non si soffre soltanto ma si ha un moto di meschina, orrenda rivincita. M'avvedo che manca un giudizio di valore: bello, da vedere. mercoledì, novembre 12, 2003
Un feed RSS funzionante, at last
Da molti mesi soffrivo per la mancanza di un feed RSS funzionante, ma grazie al valoroso Magomarcelo questo blog adesso ne ha uno (anche se, spero momentaneamente, impiantato sul suo spazio web con accesso agli script php). Lo trovate qui: , o nell'iconcina identica che campeggia in cima al blog. Grazie ancora Marcello; se qualcuno sa dove posso prendere uno spazio gratuito per far girare un php, me lo dica così tolgo il disturbo dal suo.
Eh no, le brache calate no!
Di fronte all'attentato di Nassiriya, c'è chi vuole subito incassare la rendita della propria posizione contro la guerra e contro l'invio di truppe in quella zona. Come forse saprete sto anch'io dalla stessa parte, ma proporre il ritiro immediato delle truppe ora mi sembra un'idiozia. Come a dire che c'eravamo ma solo per finta, che appena succede qualcosa di brutto scappiamo a gambe levate. Molto più intelligente per una volta Rutelli: "Oggi non è il giorno per discutere: è il giorno per stringerci tutti intorno ai carabinieri, alle forze armate, a chi li comanda e soprattutto allle loro famiglie". La tradizione degli italiani che si calano le brache appena si mostra qualche rischio dalla loro azione di politica estera (il caso Ocalan è il primo che mi viene in mente) continua. Non sono un sostenitore del muso duro e del ribatteremo colpo su colpo; ma se proprio ce ne vogliamo andare dall'Iraq a causa di questo attentato, facciamolo per favore con un po' di lentezza, facendo finta che sia a causa di altro, o almeno dopo una lacerante discussione. Un po' di stile nell'essere pusillanimi, e che diamine.
Il grattacielo più alto del mondo è a Taiwan
Superate le torri di Kuala Lumpur. (Si, lo so, ci vorrebbe un commento salace o un titolo ad effetto; ma la cosa m'è sembrata notevole in sé). martedì, novembre 11, 2003
Segnalazioni televisive
Giovedì sera intorno a mezzanotte su La7 andrà in onda Bullet in the head, film di John Woo quasi inedito in Italia (l'ho visto tramite una registrazione da tele+, è introvabile in vhs), ambientato nella guerra del Vietnam e tra i maggiori del maestro.
AsiaticaFilmMediale - 2003
Mi fa giustamente notare Lu nei commenti che a Roma è in corso AsiaticaFilmMediale, rassegna di film asiatici. Dal programma mi colpisce l'ampio raggio della nazionalità dei film, che va oltre la solita serie Cina-Hong Kong-Taiwan-Giappone-Iran-India e mostra cinematografie davvero rare: oltre al Vietnam, di cui a dire il vero qualcosa si è visto in Europa, Tajikistan, Sri Lanka, Indonesia. A prima vista di interessanti ci dovrebbero essere quantomeno After the war di Nobuhiro Suwa, Moon Seong-wook e Wang Xiaoshuai , Blind shaft di Li Yang e Bright future di Kiyoshi Kurosawa. Resurrection of the little match girl è un film che ho trovato interessante, ma non è per tutti i gusti e in patria è stato un flop colossale. The peddler di Mohsen Makhmalbaf l'ho visto qualche tempo fa ed è un film di esemplare asprezza di un Makhmalbaf giovane e graffiante, che rappresenta Teheran come un girone dell'inferno. Se fossi a Roma ne vedrei il più possibile; oltre a quelli citati starei attento a non perdermi i film coreani. E domenica prossima ce n'è un bel po'. Ingresso gratuito.
E quando la smetterò di interessarmi a Kill Bill?
Su Cinemavvenire una lunga intervista a Quentin Tarantino, con interventi di Julie Dreyfus (Sofie Fatal nel film) e Lawrence Bender (produttore di Kill Bill). lunedì, novembre 10, 2003
Sì lo so sono in ritardo sì lo so...
...ma se Delio ne parla oggi allora lo posso fare anch'io. Nel novero delle boiate dette in conferenza stampa da Berlusconi, dichiarazioni poco ponderate, frasi fuori protocollo, cose che "si pensano ma non si dicono", trovo un fattore comune: sono sempre nella direzione sbagliata. Mai che si pronunci avventatamente dicendo qualcosa su cui sono d'accordo. Eppure, se le sparasse a caso, prima o poi dovrebbe capitare. Immagine creata grazie a Church Sign Generator domenica, novembre 09, 2003
Prossimamente sul grande schermo
Ne ho visto la pubblicità in Tv quindi è vero: A snake of june, l'ultimo film di Shinya Tsukamoto, è in uscita nei cinema italiani il 21 novembre.
Kill Bill: il verdetto
A favore: 2084 360gradicinema Achille L'allegra comarca degli Awanasgheps Afasie American beauty Benzina Brodo primordiale Buio in sala Il buono il brutto & il cattivo Cinemashow Dalla terra di mezzo Denti Desordre Diciassette pollici Festen Il grande inverno Kimota Minimamoralia Il nido del cuculo Pubblicodimerda Quarky Sestaluna Valido Violent unknown event Zitti al cinema Contrari: Bob Blake vive! Il cinema secondo me IlDeserto Emanuela Zini Il weblog di Gokachu Wittgenstein Astenuti: Il cinema visto da una principiante Non si è capito: I miserabili Kill Bill è approvato, la corte si ritira. Disclaimer: se volete segnalare la recensione di Kill Bill sul vostro blog, o su un blog che leggete e qui non è stato riportato, comunicatemelo e lo aggiungerò nel più breve tempo possibile. sabato, novembre 08, 2003
Segnalazioni televisive
Stanotte per FuoriOrario, su Raitre dalle 1.15 in poi, andranno in onda tre film meritevoli di visione: Affliction di Paul Schrader Soldi sporchi di Sam Raimi Neve rossa di Nicolas Ray Buona notte. venerdì, novembre 07, 2003
Quarantadue
Esce oggi in Italia Dogville, l'ultimo film di Lars Von Trier, con Nicole Kidman. Ho dei seri dubbi se andarlo a vedere o no ( a parte il fatto che momentaneamente non posso). I dubbi non sono legati alla qualità dell'opera; a me in generale Von Trier piace. Non trovo che il suo modo di fare cinema sia un barare, un manipolare illegalmente lo spettatore. Sarà che per me al cinema tutto (o quasi) è permesso. Inoltre la costruzione teatrale e antinaturalistica di questo film m'intriga. Il mio dubbio nasce da questo: Dogville è un film di 177 minuti che in Italia girerà in una copia di 135. QUARANTADUE minuti in meno. Perché? Varrà la pena di vedere la versione mutilata attendendo quella intera? Sempre che almeno in dvd ci venga concessa, differentemente da quel che è accaduto per Millennium Mambo, monco al cinema e monco in dvd,
Per chi abita a Torino
Il Torino Film Festival inizia col botto: all'interno di un omaggio al recentemente scomparso Kinji Fukasaku verrà proiettato l'attesissimo Battle Royale 2 (insieme ovviamente al primo Battle Royale e ad un paio di Yakuza movie, di cui il regista giapponese era maestro). Confesso che vedere il cinema giapponese sul grande schermo in versione originale sottotitolata è una delle cose che più amo, ma anche stavolta il mio desiderio resterà frustrato. Altri eventi imperdibili a prima vista: un omaggio a Stan Brakhage, il film sul blues di Clint Eastwood, il raro Der Sieg des Glaubens di Leni Riefenstahl, Salinui chueok di Bong Joon-ho, Haensun di Kim Ki-duk, Ju-on: The Grudge 2 di Takashi Shimizu.
Mai più senza
Vuoi impressionare il tuo nuovo capo ebreo? E' stata annunciata un'invasione talebana? Vorresti diventare buddista per un paio d'ore per fare la tua figura alla cena New Age a cui andrai la settimana prossima? Cambiare religione non è mai stato così facile! (via J-walk) giovedì, novembre 06, 2003
mercoledì, novembre 05, 2003
Kill Bill Volume 1, la seconda volta
Alla seconda visione Kill Bill non migliora, come speravo, anzi. L'unico motivo per cui potrebbe valer la pena di rivederlo è la scena del combattimento con gli 88 folli, che è così frenetico che qualche dettaglio si perde per forza la prima volta. Ancora meglio sarà nella versione giapponese (a colori). Go Go Yubari cala come personaggio (troppo breve la sua apparizione per chi lo rivede), mentre l'anime galleggia sempre su livelli d'eccellenza, soprattutto per la violenza della regia, per la macchina che si muove come un'occhio inquieto e affamato, sorpreso anch'esso dai rapidi movimenti di O-Ren. Magari anche il film fosse così: i sofisticati movimenti di macchina nella Casa delle Foglie Blu emergono alla coscienza in tutto il loro splendore, ma restano freddi. Nonostante tutto non mi risparmierò una terza visione. (Le mie impressioni alla prima visione sono qui) .
Panico da videoregistratore
Sbaglio o la puntata di Twin Peaks andata in onda lunedì non era quella giusta? Ne han saltata una? O mi son perso una settimana di vita senza accorgemene? martedì, novembre 04, 2003
Comunicazioni di servizio
Il titolare di questo blog si allontana per una settimana da Pisa per ritemprare il proprio animo. Questa volta qualche possibiltà che il blog venga aggiornato c'è, grazie alla connessione a internet tramite rete mobile. Chi vivrà vedrà.
Scivolare su una buccia di banana
Da una accurata ricerca emerge che le fette di roast beef sono molto più pericolose. (via J-walk) lunedì, novembre 03, 2003
Secondo me Villaggio e' un cagone pazzesco
D'altra parte il punto è diffidare sempre di tutto quanto è santificato e sacralizzato dalla cultura ufficiale, come lui stesso per l'appunto. Vecchio trombone, falso rivoluzionario, leccaculo del pubblico piu' cafone.
Wheew
Concediamoci po' di relax osservando il monte Fuji dalla cima del Kita-Dake, e respiriamo profondamente.
Personaggi pericolosi
Di fronte al recente sondaggio tra i cittiadini della Ue, che mettono al primo posto tra gli stati pericolosi per la pace Israele, c'è chi ha reazioni scomposte. Il ministro per le Comunità ebraiche nella Diaspora, Nathan Sharansky: Il fatto che la maggioranza degli europei veda Israele come il pericolo maggiore per la pace nel mondo, e non gli Stati che finanziano il terrorismo, o dittatori che minacciano di usare armi di distruzione di massa, è un'altra prova che dietro le critiche 'politiche' a Israele c'è solo puro antisemitismo. Come in passato gli ebrei venivano considerati come il 'diavolo' responsabile dei mali del mondo, così oggi il mondo 'civilizzato' incolpa lo stato ebraico, Israele, dei problemi del mondo. Sono parole pericolose, perché rischiano di propagare ciò che esorcizzano: un'identificazione tra lo Stato di Israele (e il suo attuale non felice governo), e la totalità degli ebrei. Tacciare di antisemitismo chi pensa che la politica di Sharon sia una minaccia per la pace non è solo stupido; è terribilmente pericoloso, e dà fiato e voce agli antisemiti che purtroppo in Europa esistono davvero. Il corto circuito governo israeliano=Israele=ebrei viene usato da loro tutti i giorni; andrebbe evitato di usarlo nell'altra direzione.
Visti negli ultimi giorni
Da dieci giorni a questa parte ho visto tre film da cui mi aspettavo davvero molto. Di "Kill Bill" (che devo ancora rivedere) e "Cantando dietro i paraventi" si è detto qualche post più indietro; ho visto poi "Mystic River" che nonostante il tour de force attoriale e la discreta (nel senso che è raccolta e nascosta) regia di Eastwood non riesce ad essere molto più di un buon lavoro. L'unico a mantenere fino in fondo le aspettative è stato il film che ho visto ieri, Il ritorno, recente vincitore di Venezia e recente bersaglio delle polemiche bellocchiane e italiote che avrebbero voluto "Buongiorno, notte" premiato. Invece ha vinto il film di Andrej Zvjagintsev, e vedendolo si capisce perché. Parte subito volando alto, mettendoci di fronte a immagini e temi di metafisica bellezza, peraltro accompagnandoli con una fotografia magistrale, dai colori lividi, e alle location spettacolari che ci erano rimaste negli occhi da da "Stalker", geografie di declino, di grandezza industriale in sfacelo, di sogno di potenza ormai tramontato. Il soggetto è lineare, terribilmente semplice, raccontato con lentezza e facendo parlare la natura più dei protagonisti; nonostante la semplicità, o a causa di questa, si presta a letture stratificate: road movie, allegoria dello stalinismo, dramma psicoanalitico, racconto sociologico, anabasi e catabasi, bildungsroman, favola amara, e altro ancora. Un film che emoziona con poco, tre attori protagonisti, pochi volti (bellissimo quello della madre), secchi dialoghi, confronti netti e duri tra l'ambigua figura del padre forse amorevole e di certo severa e le due diverse reazioni dei figli, e poche azioni che parlano di vita pratica. Poetico, certo, ma di quella poesia virile che parla di sudore, di vita, di merda, di sangue, di morte, di forza, e non di trepidi palpiti sotterranei. La regia gioca in maniera espressiva sui leggeri fuori fuoco e sulla bassa profondità di campo; è quindi raccomandata la visione in un cinema decente, altrimenti l'effetto si perde nella leggera sfuocatura generale tipica di molte sale. L'audio, per quanto privo di effetti spettacolari, è altrettanto importante perché i suoni naturali, soprattutto la pioggia, hanno ampio risalto nel film, e raccontano quanto i dialoghi. Ho avuto la fortuna di vederlo proiettare in modo eccellente. Se non fosse per il leggero calo di tensione del finale non avrei avuto dubbi a eleggerlo tra i film più belli del 2003 (la palma, dopo ampie riflessioni, spetta fino a questo punto a "La 25a ora" e non credo sarà facile scalzarlo, se non c'è riuscito neanche "Elephant"). Caldamente raccomandato. Qui il trailer.
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