Il weblog di Gokachu


mercoledì, marzo 29, 2006
Consigli per gli acquisti
Mentre si attende l'edizione di V for Vendetta in allegato con XL di domani per poterne giudicarne la qualità (il prezzo si sa già, ottimo), vedo che è uscita l'edizione della Magic Press per Grandi Storie: piccolo formato, bianco e nero, 5.90 euro. A una rapida sfogliata pare notevolmente superiore a quella Rizzoli da 9.50. Sicuramente un ottimo affare.




Inediti cinefili: Tarnation
Questo è un film che un europeo non avrebbe mai potuto fare. E' uno di quei lavori che ci fanno apprezzare il fatto di essere europei e di poter guardare da lontano, nella nostra casa comoda, la vita libera ma disperata e pericolosa, la vita selvaggia degli americani.

Impudica autobiografia in pellicola, collage-mostro di vent'anni di riprese dell'autore che documentano la sua vita familiare, è un film che colpisce da un lato per l'indubbia forza emotiva che è in grado di trasmettere, sopratutto in virtù di un montaggio efficacissimo, dall'altro per l'esposizione estrema che l'autore fa di se e della sua famiglia, al punto da riprendersi con camera strettissima mentre riceve notizie gravi al telefono. Testimonianza di una famiglia con dei grossi problemi, di un'America in cui il mostro è sempre all'agguato e attende solo un passo falso, e al contempo di un'ossessione cinefila narcisista, imbarazzante, devastante, di una passione malata che nasce come fuga dalla storia che racconta. E che quindi ci rende in qualche modo parte di quella storia, in qualche modo complici. Un film malato su una famiglia malata in un paese malato.

Forse sopravvalutato, ma indubbiamente potente e con alcuni personaggi ("veri") difficilmente dimenticabili.




Ich bin ein European: Il caimano
L'ultimo film di Nanni Moretti non è un film su Berlusconi, e questo lo vanno ripetendo un po' tutti. Ma non è neanche un film sull'Italia degli ultimi trent'anni, e sulla degenerazione della nostra società, come ci si vorrebbe dare ad intendere. E' un film su un piccolo uomo triste, e basta. E questo film sul piccolo uomo triste non è nemmeno granché.

Il modello dell'operazione di un regista sempre più a corto di idee è Il Portaborse, da lui prodotto ma diretto da Luchetti. Anche là Silvio Orlando era un piccolo uomo triste alle prese col potere. Ma se là l'aspetto pubblico, ovvero la figura del politico socialista interpretato dallo stesso Moretti, giganteggiava e sosteneva l'intero lavoro, qui le (ottime) apparizioni del nostro sono accidentali, brevi, insoddisfacenti. Qui lo spettatore avido di forca non trova che
1) un rapporto amoroso in disfacimento, raccontato in modo televisivo.
2) un rapporto con i figli davvero morettiano, in senso deteriore; dei bambini nei film di Moretti non se ne può davvero più.
3) la descrizione macchiettistica di un mondo del cinema avido e vigliacco, degna di un film di Alberto Sordi. Che evidentemente ci meritiamo.

La rappresentazione della cosidetta "società italiana" che "dopo trent'anni di Berlusconi" si è "berlusconizzata" invece non c'è. O se c'è, è ottimistica. Magari i giovani fossero come Teresa, ardenti di urgenze, pieni di speranze e di vita, vogliosi di politica. E' Moretti che si è berlusconizzato e richiuso nell'intimo dei rapporti familiari, non la società che si vede nel suo film.

Le uniche parti che ci potrebbero interessare son quelle in cui compare il Moretti attore. E, che dire, funzionano, anche se di vederlo cantare per l'ennesima volta a squarciagola una canzone italiana forse se ne è avuto abbastanza.
Quando con l'arroganza che lo contraddistingue da sempre interpreta un Berlusconi per niente sorridente e per niente incline alle battute si prova un certo brivido. Ma è troppo poco; il film non si salva. Certo è leggero, si ride, un po' anche ci si incazza. E' un film piacevole e impersistente. Ma forse è anche il peggior film di Moretti da sempre (e sì che è da dodici anni che i film di Moretti mi lasciano perplesso, per non dire peggio).




lunedì, marzo 27, 2006


domenica, marzo 26, 2006
Consigli per gli acquisti
Dal 30 marzo con XL a richiesta V for Vendetta. Il fumetto. Edizione e prezzo non pervenuti. Grande formato, colori, 8 euro.



Small talk
Notizia di dodici giorni fa: Isaac Hayes lascia dopo nove stagioni il cast di South Park a causa dell'episodio Trapped in the Closet, in cui si parla di Scientology. Tutti i dettagli in cronaca.




sabato, marzo 25, 2006
Splinder shit
Forse non tutti gli splinderiani si sono accorti che i feed rss dei loro blog sono aggiornati a due giorni fa.



venerdì, marzo 24, 2006
Censurato il numero di aprile del Mucchio
Riceviamo e non richiesti pubblichiamo.

La copertina del Mucchio Selvaggio di aprile “avrebbe” dovuto riportare un disegno di uno storico personaggio del fumetto italiano. Il "catzillo" è un fumetto underground, molto famoso negli anni Ottanta, che l'autore Gianfranco Grieco ha modificato per noi facendolo assomigliare a Berlusconi, ovviamente legato a un lungo articolo che mette in guardia sul votare “Forza Italia” alle prossime elezioni politiche.
Abbiamo usato il verbo “avrebbe” perché il distributore nazionale (Parrini) si è rifiutato di fare uscire il giornale in edicola. Non vuole correre il rischio di denuncie penali. Il giornale verrebbe comunque boicottato da molti distributori locali non di sinistra, il tipografo nicchia, la par conditio, rapporti con il potere etc etc. Insomma paura. Paura di ritorsioni legali, economiche e magari anche fisiche da parte del soggetto raffigurato nel disegno .

La redazione trova ciò un atto di censura inqualificabile. La satira è un diritto affermato dalla nostra Costituzione (“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” - Art. 21). Se si va con la memoria indietro nel tempo a copertine, molto più feroci e provocanti, di giornali come il “Male”, “Frigidaire” o “Cuore” ci si rende conto di come è peggiorato il rapporto tra la stampa e il potere e di quanto la libertà di espressione sia sempre meno garantita.
La censura è sempre stata usata come strumento di repressione e negazione di valori e tematiche “scomode”.

La copertina “censurata” è visibile e scaricabile qui.


Comitato di redazione del Mucchio Selvaggio.



giovedì, marzo 23, 2006
America oggi: V for Vendetta
Come saprete non amo dilungarmi sui film che non mi sono piaciuti molto. Sarà quindi breve: V for Vendetta ha qualche buon momento, qualche punto in cui equivale forse al fumetto (la tortura di Evey, la maschera di V, le danze di V), e qualche punto in cui cose che nel fumetto non ci sono funzionano egregiamente (per esempio la satira televisiva che conduce alla morte del comico: davvero d'attualità, almeno in Italia).

Però il vacuo ottimismo americano che viene inoculato nel cupo pessimismo britannico di Moore mi è troppo indigesto. Il film di per sé, se non fosse l'adattamento di fumetto capolavoro, sarebbe un divertente blockbuster, con il di più di avere un "tema politico di sinistra" e quindi gradito a molti.

Però tutto qui; anarchia all'acqua di rose, popolazione che non si lascia abbindolare dalla TV (e quando mai? aspettiamo il 10 aprile per dirlo), coinvolgimento delle masse in una rivoluzione delle rose senza morti, eserciti che in mancanza di un ordine diretto non sparano sulla folla. Ci ficcano pure, non sia mai, una storia d'amore. Ingenuo. Divertente, colorato, ingenuo.

Soprattutto lamento che si sia avuta tanta sfrontatezza e tanto coraggio nel dire cose davvero "controcorrente" e "inopportune" nell'occidente del dopo 11 settembre per poi annacquare con leggerezza il tutto a colpi di banalità.

Vabbuò, avanti un altro. Speriamo che almeno conduca qualche spettatore a prendere in mano il libro.




[THE GAME - 1:2] il cinema sporco: TRAS EL CRISTAL
Grazie a questo gioco son riuscito a far vedere Tras el cristal a qualche illustre blogger.

Qui le loro recensioni: Andrea, Infamous, Kekkoz, Ohdaesu, Private_I.
Qui la mia, di più di un anno fa.
Qui [The Game 1:1]: Rubber's lover.




mercoledì, marzo 22, 2006
Inediti cinefili: 71 Fragmente einer Chronologie des Zufalls
C'è molto cinema successivo in questo lavoro di Michael Haneke datato 1994. Non solo l'Haneke posteriore, e in particolare il memorabile Storie, o il cinema austriaco in genere (Canicola) ma anche il cinema di Tsai Ming-liang, che proprio in quell'anno raggiungeva la piena maturità (Vive l'amour) e l'affresco devastante de La polveriera di Goran Paskaljevic. In 71 takes viene descritto l'insensato antefatto di un fatto di cronaca annunciato fin dall'inizio: uno studente uccide tre persone in una banca e poi si spara in testa. Microstorie parcellizzate che compongono un rompicapo senza soluzione si avvicendano sullo schermo, lunghe inquadratura a camera fissa con i personaggi che compiono azioni ripetitive o cenano guardando la televisione o vivono piccole vicende insignificanti, mentre i telegiornali irrompono raccontando di guerre lontane e vicine, delle accuse di pederastia di Michael Jackson, di un mondo che viaggia indifferente verso il baratro.

L'idea è bella e fertile, e il ritratto dell'Europa preapocalittica che ne esce è inquietante. In mancanza di un elemento unificante forte, di una presenza malvagia incarnata, di una condensazione di quest'inquietudine, il film fatica però a trovare una sua unità, un suo sviluppo drammaturgico convincente. Rimane confinato nei suoi 71 frammenti, ognuno bello e potente, ma non riesce a dare forma all'informe, a guadagnarsi una sua unità almeno ideale (come riesce invece nel successivo Storie). Il lavoro rimane così confinato nella categoria dei capolavori mancati, ennesima testimonianza delle potenzialità creative di quello che è forse ora il massimo regista europeo.




Per torinesi e dintorni
A Torino dal 18 aprile al 9 maggio è in programma una monumentale retrospettiva del cinema di Takashi Miike: 26 dei suoi 75 flm verranno proiettati nella sala 3 del Cinema Massimo. Qui il programma. Invece qui la rivista del Museo del Cinema di Torino con maggiori approfondimenti (formato pdf).

Se non foste particolarmente domestici con l'opera del regista giapponese (male) e voleste vedere solo alcuni dei film (male, male, male), vi posso dire che quelli assolutamente da non perdere sono Audition, The Bird People of China, Dead or Alive, Fudoh, Happiness of the Katakuris, Ichi the Killer e Visitor Q. Ci metto anche The Great Yokai War (che non ho visto) sulla fiducia e perché sarebbe quello che guarderei con più curiosità.

Mercoledì 19 e giovedì 20 Miike sarà in sala.


(via twitch)




domenica, marzo 19, 2006




sabato, marzo 18, 2006
Segnalazioni per toscani e dintorni
A Firenze dal 30 marzo al 10 aprile c'è il Korea Film Fest. In programma, tra il resto, una retrospettiva pressoché completa del cinema di Park Chan-wook, inculsi molti film decisamente introvabili. Imperdibile (e io infatti me lo perderò quasi tutto).




venerdì, marzo 17, 2006
Ascolti in casa Gokachu
Ci sarà un motivo se l'ultimo dei Mogwai lo ascolto di malavoglia e questo invece lo ascolto con piacere. Nihon no post-rock wa kakkoii desu!




mercoledì, marzo 15, 2006
Inediti cinefili: Mind Game
La nuova frontiera del'animazione giapponese. Leggendo le recensioni che compaiono in rete, è difficile trattenere la curiosità per questo film altamente sperimentale. E i motivi di interesse ci sono: un character design davvero inconsueto nel paese del sol levante; tecniche di animazione frammischiate; montaggio frenetico; storia lisergica.

Però non mi posso unire al coro dei plausi. Il film come tutto unico è stancante, troppo frastornante, eccessivamente psichedelico, privo di una storia con un minimo di spessore e di personaggi con un qualcosa da dire, direi fatta da otaku ad uso di otaku e per di più la solita moraletta ragazzo-esci-di-casa-che-il-mondo-è-bello di cui dopo le lunghe elucubrazioni su Evangelion non si può davvero più.

Sbadigli a scena aperta durante le scene più movimentate; paradossalmente il film attira l'interesse solo nei (pochi) momenti in cui la storia ristagna. Ciò non toglie che i singoli frammenti siano in sé spesso incantevoli, anche se nessuno al livello di quelli del molto (troppo) apprezzato corto Nekojiru-sou, sempre di Masaaki Yuasa, anch'esso film composto di segmenti bellissimi ma tutto insieme stancante e deludente (per quanto durando meno di un terzo di questo sia più facile reggerlo senza addormentarsi).

Don't believe the hype.




lunedì, marzo 13, 2006
Ridi (o vergognati) con Berlusconi
La versione integrale dell'episodio del 2 luglio al Parlamento europeo a Strasburgo per la riunione per la presidenza italiana di turno dell'Unione Europea. (dal film di Diario "Quando c'era Silvio")



domenica, marzo 12, 2006
Ascolti in casa Gokachu
Dal tunnel del progressive italiano a quello del progressive francese: questo disco è bellissimo, non riesco a toglierlo dal mio winamp. Aiuto.




Tutto quello che sapete è falso
Siccome è morto Slobodan Milošević, ed è da un bel po' che non accenno alla questione, colgo l'occasione per ribadire la mia posizione filoserba (per quanto decisamente non filomilošević), per ridichiarare che il tribunale dell'Aja è il teatro di un'ignobile farsa, e per linkare Babsi Jones per approfondimenti.



sabato, marzo 11, 2006
Ich bin ein European: Arrivederci Amore, Ciao
Come forse saprete, ho trovato eccessivo e persino fastidioso il clamore e l'interesse attorno all'ultimo film di Placido, Romanzo Criminale, pretestuosi i riferimenti a Di Leo e al cinema di genere italiano, e ho bollato l'intera operazione come ottima fiction televisiva. Il che è un po' un insulto.
Ma se il successo di quel film porta a una vera riapertura del genere "nero" italiano, allora ritratto.

Arrivederci Amore, Ciao non è un film impeccabile, anzi. Sprattutto è la regia ad essere spesso deficitaria, sospesa in bilico tra uno stile elegante e raffinato e uno stile greve e diretto; spesso peraltro ricerca soluzioni eleganti quando bisognerebbe essere diretti e viceversa. Non che sia del tutto condannabile; in alcuni momenti è ottima. Tuttavia è perfettibile.

Però il film mi è piaciuto molto, per diversi motivi.

Tornando alla regia, con tutti i suoi difetti, si mantiene ben più cinematografica di quella di Placido; non posso accusare il film di essere fiction televisiva. E questo è un bene. Il punto di forza è però la sceneggiatura: il protagonista è un personaggio negativo, molto negativo, terribilmente negativo. Non credo di ricordare nel cinema italiano degli ultimi venti anni un protagonista così, privo di scusanti e redenzioni, o anche di tentazioni di umanità. Ha delle origini, ha delle lacrime da coccodrillo, prova anche delle simpatie, ma è un vero bastardo. Se pensate anche voi che sia un cinico sentimentale, i sentimentali siete voi (e il film gioca molto bene sulle nostre proiezioni "umane" su di lui).
Qui sì, qui davvero, si respira l'odore di Di Leo. Poliziotti corrotti marci - non se ne vedevano da un po' -, malavita senza epos, violenza secca e spesso disturbante, persino un certo impegno politico che affiora qui e lì, anche al di fuori della metafora, con discrezione ma ben presente. La vicenda è molto varia, e molto divertente. Inizia con un botto e si conclude con un gemito. Si rimane con gli occhi incollati allo schermo dall'inizio alla fine. Questa storia ci interessa.
Ma oltre alla sceneggiatura c'è di più. La recitazione è avvincente, con le sue inflessioni dialettali non abusate dal mezzo (per intenderci, qui non se ne può più di film in cui gli attori hanno l'accento romanesco, ma ci piacciono gli accenti pugliesi, o del nord-est). Con i suoi caratteristi che con due battute funzionano (il killer spagnolo, i due ustascia - Cecchi chiaramente è Cecchi, inutile parlarne bene). Bravi gli attori, tutti quanti, Placido incluso. Anzi, viva Placido, ancora, di più. Ma ottima soprattutto è la direzione di questi attori.

Non poco, per un film italiano; mi son venute addirittura delle speranze per il futuro del nostro cinema. E scusate se vi aspettavate di più.




venerdì, marzo 10, 2006
E il miglior film giapponese del 2005 è...
... un film che ho in attesa da un sacco di tempo e che effettivamente sarebbe anche ora vedessi. I lettori della più prestigiosa e-zine di cinema giapponese hanno parlato: ecco la classifica di Midnight Eye (qui invece le classifiche dei redattori; via Twitch)




mercoledì, marzo 08, 2006
Inediti cinefili: Undertow
Del cinema del regista David Gordon Green abbiamo già parlato in passato; grandi erano le mie aspettative per il suo ultimo film. Mi trovo invece davanti ad un lavoro che per quanto stilisticamente contiguo ai suoi precedenti (anzi, se possibile ancor più malickiano), non ne ripete le grandezze. Colpa della sceneggiatura, che per una volta ha un tema forte, una vicenda principale importante, che percorre tutto il film dall'inizio alla fine; per una volta (e purtroppo) non l'ha scritta tutta da solo. Mentre in George Washington non c'era un vero nodo centrale, e in All the real girls il nodo c'era ma era davvero labile, qui Gordon Green si cimenta con un tipo di cinema più classico e ne paga le conseguenze.

Non è però del tutto da buttare; rimangono le solite interpretazioni sghembe, alcuni momenti di contorno che però non vengono abbastanza approfonditi, e a dirla tutta anche la storia in sé non è affatto brutta, anzi. Un film più che discreto; ma da certi registi ci si aspetta quel qualcosa in più, che qui non è abbastanza presente.




domenica, marzo 05, 2006
Traduttore dal cantonese cercasi (con file audio!)
Sono esattamente le nove di sera del ventotto aprile nel quartiere Chungking di Hong Kong. Al termine di un inseguimento che ha cambiato il mio modo di guardare il cinema, Takeshi Kaneshiro viene a contatto con una Brigitta Lin irriconoscibile dietro la parrucca platinata e gli occhiali da sole.

Nell’istante in cui i nostri corpi si sono toccati ho provato un lunghissimo brivido. 57 ore dopo mi sarei innamorato di quella donna.

Momenti leggendari.

Ora, leggendo questo bel saggio su Wong Kar-wai, scopro che la versione in inglese della stessa frase è completamente diversa:

This is the closest we ever got, just 0.01 of a centimeter between us. But 57 hours later, I fell in love with this woman.

Il saggio ne deriva una conseguenza lampante: Wong introduce da subito una storia tra persone sole destinate a non entrare mai in relazione. La cosa in italiano non c'è, tendo a pensare che le traduzioni verso l'inglese siano più accurate, ma sono molto affezionato a quel "lunghissimo brivido". Qualcuno saprebbe dire cosa si dice esattamente nell'originale?

P.S. Si parla di questo film qui.




venerdì, marzo 03, 2006




giovedì, marzo 02, 2006


mercoledì, marzo 01, 2006
Inediti cinefili: I married a strange person
Se vi dico "Bill Plympton" è abbastanza probabile che nessuna campanellina squilli nella vostra testa. Però se vi mostro immagini come questa o questa, qualcuno di voi vedrà qualcosa di familiare. Il nostro infatti ha (auto)prodotto una nutrita serie di corti che, se vi interessa l'animazione, avrete intravisto qui e lì. L'animatore americano però ha lavorato anche ad alcuni lungometraggi, vincitori di premi internazionali.

I married a strange person ha vinto il prestigioso Grand Prix ad Annecy nel 1997; se volete vedere qualcosa in cui un uomo fa giocoleria con le proprie interiora, un enorme soldato surfa sul corpo squartato dello stesso uomo, le fantasie sessuali più bizzarre prendono forma, un paio di tette cresce fino a sfondare porte e finestre della casa, dove le foglie d'erba d'un prato si ribellano al proprietario che le tosa e cercano di tosare lui, questa è la vostra tazza di tè.

Ricco all'inverosimile di invenzioni strampalate e lunari, assurdo oltre ogni limite, dotato dell'estraniante qualità di un tratto particolarmente severo, ha l'unico difetto di essere un lungometraggio; il cervello dello spettatore non regge facilmente all'urto di tanta follia protratta per tanto tempo, e quindi dopo un po' il divertimento diminuisce, pur rimanendo alto. Probabilmente la visione migliore è quella frammentata; comunque da recuperare e da conservare gelosamente.


Per procurarselo



Concerti che vi siete persi
I Sikitikis sono un quintetto palindromo cagliaritano di grande energia e presenza scenica. Anche di fronte ad un pubblico sparutissimo (25 persone circa compresi gli addetti) ci han dato dentro con furore, coinvolgendo tutti in un grande entusiasmo. La musica che fanno ha un notevole impatto sonoro, ed è forse troppo veloce e aggressiva per le mie orecchie di vegliardo canuto. Però tra i pezzi originali hanno trovato spazio tre splendide cover che ho apprezzato moltissimo: Storia d'amore di Celentano, L'importante è finire di Mina ma soprattutto una trascinantissima versione della colonna sonora di Milano odia: la polizia non può sparare.
Fateci un giro; siccome tornano in zona probabilmente me li vado a rivedere.


Altre immagini: 1, 2