Il weblog di Gokachu |
lunedì, febbraio 28, 2005
Segnalazioni televisive con largo anticipo
Ehm. Qui siamo tutti un po' preoccupati per le sorti di Fuoriorario, una delle poche cose che rendeva accettabile vivere in Italia; comunque per domenica prossima, dopo il sabato di Milano Calibro 9, sarebbe previsto La mala ordina, sempre di Di Leo. Speriamo. domenica, febbraio 27, 2005
sabato, febbraio 26, 2005
Visto ieri: Vibrator
Sarà, a moltissimi è piaciuto moltissimo, ma a me questo lavoro non ha convinto. Certo, da apprezzare la novità nel contesto del cinema giapponese di un autore che si mette a girare in digital video con macchina a mano stando sempre attaccato ai volti degli attori, e che per di più mette al centro una donna (Shinobu Terajima, effettivamente molto brava), mentre l'uomo (Nao "Ichi the Killer" Omori) è un personaggio le cui motivazioni sono poco esplorate e non ci interessano granché, che fa da sfondo all'avventura di lei. La qual cosa in Giappone mi sembra sia piuttosto rara, se non nei pinku eiga. Però ho come l'impressione che se lo stesso film fosse stato fatto da un europeo, nessuno l'avrebbe preso tanto sul serio: una cosetta sperimentale e intimista come da queste parti ne sfornano a pacchi, con qualche scena di sesso dimessa, quotidiana, realisticamente dipinta, alla Intimacy. Si dovrebbe riflettere sulla condizione della vita moderna, forse, o si dovrebbe vivere liricamente, o epicamente, o wendersianamente la storia dei due; ma qui più che altro si è rimasti indifferenti. giovedì, febbraio 24, 2005
Consigli per gli acquisti
Da oggi con Repubblica è disponibile a sei euro e novanta Batman: il ritorno del cavaliere oscuro, il capolavoro di Frank Miller lungamente atteso (l'altra chicca della serie è Watchmen) che rientra nella ristretta cerchia dei miei fumetti preferiti, di cui si potrebbe parlare a lungo e che vi consiglio assolutamente di acquistare. Anche perché in fumetteria costa il triplo. Io l'ho comprato di nuovo, in italiano non ce l'avevo.
Visto oggi: New Police Story
Il nuovo film di Jackie Chan è certo un bel passo avanti (o indietro, che in questo caso vuol dire qualcosa di bello) rispetto alle prove americane dell'attore, ma gli entusiasmi al riguardo mi sembrano esagerati. Chan rinnova il suo personaggio togliendogli pressoché del tutto la carica comica e lanciandosi in un quasi heroic bloodhshed che racconta di uomini che han fallito il loro compito, di autodistruzioni, di tradimenti, di sacrifici per amore, di onore, di riconoscenza, di morte. La mossa è azzeccatissima, e infatti le cose migliori del film proprio di quest'idea vivono, ma purtroppo non è giocata fino in fondo. Nonostante la virata, infatti, le scene d'azione rimangono spesso allegramente chiassose, gli inseguimenti sono degli spettacolari giocattoloni, le musiche sono in più punti allegre e ritmate; insomma dal punto di vista dell'action il film non è molto dissimile dai suoi precedenti, con l'eccezione di un Chan che non scappa ma insegue e del suo volto serio, e a volte anche giustamente disperato. Le due componenti non si sposano molto bene e giungono a stridere fortemente in varie occasioni; per esempio quando vediamo nei titoli di coda, more solito, i ciak sbagliati e le cadute degli stuntman, come se avessimo assistito al solito divertente film di Jackie Chan. Anche in campo drammaturgico le cose non funzionano a dovere: ci sono dei momenti di comic relief un po' fuori luogo; Nicholas Tse è combattuto tra il ruolo di spalla sbruffona e quello di personaggio serio e non ne esce benissimo; la "twin" Charlene Choi è molto carina, per carità, ma non si capisce in questo lavoro che ci stia a fare. Insomma, un film che non riesce a scegliere in modo fermo il proprio campo di gioco, e che soffre di questo; ma godibile. mercoledì, febbraio 23, 2005
Segnalazioni televisive in largo anticipo
Due segnalazioni prima che mi passino di mente. Domenica Ghezzi ripropone un notevole Koji Wakamatsu già passato, Su, su per la seconda volta vergine; nel caso ve lo siate perso potete metterci una pezza. Ma soprattutto sempre Ghezzi, sabato 5 marzo, manderà in onda Milano Calibro 9, film che ho visto da poco e che mi sento di dire sia "imperdibile". Si, "imperdibile". Pensate che mi sono pure messo a leggere Scerbanenco - il che è per me una totale anomalia. Mi raccomando.
Dichiarazione di pigrizia totale
Oggi ho visto Un long dimanche de fiançailles, m'è piaciuto molto, ma siccome l'ho visto in ritardo e (principalmente) non ho nessuna voglia di parlarne vi rimando all'interessante recensione di Kekkoz, di cui condivido tutti i complimenti e ben poche delle riserve, quella di Marquant, che però ama Jeunet molto più di me, quella di Ohdaesu, i cui dubbi sul culo della Tautou mi lasciano per la verità del piuttosto indifferente e quella di Tom, di cui mi sento di compartecipare, almeno in parte, l'entusiasmo. martedì, febbraio 22, 2005
Midnight Eye e il cinema italiano
Fa piacere che la prestigiosa webzine Midnight Eye ogni tanto si ricordi della nostra tanto bella cinematografia. Nello speciale annuale sui film migliori e peggiori del 2004, giapponesi e no, uno dei redattori cita Non ti muovere. Ovviamente come peggiore film non giapponese di tutto l'annata. lunedì, febbraio 21, 2005
Il miglior servizio meteo online
A Pisa nevica una volta ogni molti anni. E' normale che un servizio meteo ci vada coi piedi di piombo prima di prevedere neve. Ebbene, meteolive l'ha fatto, quando nessuno ci avrebbe creduto, e nevicò. Ora dice che domani pioverà, mentre altri prestigiosi(?) servizi dicono il contrario. Vogliamo scommettere?
Liquid Gokachu
In realtà questa fantastica innovazione è quasi del tutto equivalente a quel che succede quando premo il tasto sinistro del mouse nel mio ordinario browser, Opera. Con la differenza che con Opera i motori di ricerca li scelgo da me.
Visto oggi: Away with words
Il dubbio principale quando qualcuno che lavora nel cinema ma non come regista debutta come tale è che, in realtà, voglia lavorare senza regista. Gli attori si possono permettere di giogioneggiare a tutto spiano, i direttori della fotografia di incentrare tutto sull'immagine, e così via. Il dubbio viene naturale quando un gigante come Christopher Doyle si mette a girare un suo film. Ebbene? Ebbene no, non è senza regista che Doyle vuole lavorare. La regia in questo film c'è ed è buona, e non così dipendente da quella di Wong come si sarebbe potuto sospettare. Né gli si può rimproverare alcuna artificiosità, o eccesso di virtuosismo fotografico, per quanto ci dia dentro senza risparmio. E nemmeno gli si può rinfacciare una qualche volontà di protagonismo, visto che il film ha ottenuto ottime recensioni e anche un buon successo commerciale ma Doyle ha preferito tornare a fare la fotografia per altri, tornare nei ranghi, senza rimpianti, dopo aver detto quel che aveva da dire - anche perché pare non amare affatto la postproduzione. Insomma, l'operazione compiuta non è antipatica come quella di un Benigni che decide di dirigersi senza avere una mezza idea di regia. Quel di cui si sente la seria mancanza è una sceneggiatura solida, o almeno un filo narrativo portante. Affrontando attraverso due personaggi speculari il (solito?) tema della memoria unitamente ad ampi sprazzi autobiografici (se non conoscete la biografia di Doyle, ecco qualche elemento; non a caso i personaggi del film hanno per la maggior parte il nome degli attori), il film sembra appoggiarsi troppo ad ogni singola sequenza, senza riuscire a trovare un senso compiuto e complessivo. Un insieme di bellissime inquadrature che però sprofondano irrimediabilmente nel cumulo di battute pronunciate (non a caso nei titoli di coda si ringrazia "la scrittura automatica"), tra cui spiccano alcuni begli spunti ma non molto di più, e nella completa stasi drammaturgica. Stasi impressionistica che con altri al timone avrebbe potuto sublimare in senso, ma che qui non ci riesce. Comunque se volete godervi un'ora e mezza di immagini di pura bellezza, e se siete riusciti a causa di ciò ad apprezzare perfino cose come Hero e 2046, il film potrebbe fare per voi. Per procurarselo domenica, febbraio 20, 2005
Visto oggi: Breaking News
Si apre con un impressionante piano sequenza il film di To candidato a 4 premi HKFA tra cui miglior film e miglior regia; un piano sequenza che da un inizio descrittivo ci precipita in una complessa sparatoria, con diversi momenti tatticamente interessanti, della durata di alcuni minuti, interamente risolta senza stacchi. E la cifra migliore di questo film è questa: la resa delle scene d'azione. Usando tutti i mezzi a sua disposizione, non disdegnando nemmeno il vituperato split creen, To riesce in pieno a darci la sensazione della contemporaneità degli avvenimenti. E' un'azione furibonda, esasperata, adrenalinica, ma soprattutto corale; masse umane in movimento; strategie a confronto; capacità di immergere lo spettatore nel luogo dei fatti. Il film ha anche l'ambizione di parlare di un mondo ormai manipolato dai media e di fare della critica sociale, ma in questo non è particolarmente convincente. Non un grandissimo film, ma davvero mozzafiato. Per procurarselo
[CI]:Non solo Miyazaki
Omohide poro poro (Only yesterday), di Isao Takahata, 1991. Reduce dalla recente visione cinematografica de La città incantata, mi sono gettato su questo lavoro dello studio Ghibli, ma non di Miyazaki. Un anime sorprendentemente adulto, con una protagonista (vista in due fasi della sua esistenza) che per gran parte del lavoro ha 27 anni, eta' molto alta in un cartone animato. Storie di vita quotidiana, piccoli e grandi amori, problemi familiari, narrati con molto realismo e relativamente al tema trattato con una certa durezza. La vita per una bambina senza problemi seri ha comunque le sue asprezze, e l'amore di una donna di 27 anni ha delle difficolta' diverse da quelle che si trovano negli amori contrastati di Harmony. Takahata affronta temi quotidiani e sentimentali senza cadere nel sentimentalismo, e anzi con una certa crudelta'. I personaggi sono disegnati con rara perizia, anche a confronto degli altri film Ghibli, e "recitano" benissimo. Non credo che Taeko uscira' facilmente dalla mia memoria. sabato, febbraio 19, 2005
Notizie dal mondo
Oggi non sto molto bene, per usare un eufemismo, e quindi non sono in grado di spulciare il palmares del festival di Berlino. Però balza facilmente agli occhi che il taiwanese Tsai Ming-liang, mio eroe personale e il cui penultimo film Goodbye Dragon Inn non ha trovato uno straccio di distribuzione italiana, ha vinto l'Orso d'Argento per "l'eccezionale contributo artistico" con il suo ultimo lavoro The Wayward Cloud. Tié. Un'umile proposta: ma i denari dello Stato che vengono elargiti largamente ai cineasti italiani per produrre le fantastiche opere che allietano il nostro presente, non potrebbero essere utilizzati anche per garantire una distribuzione minima a film stranieri di elevato valore artistico? Mi starebbe bene persino se fosse Farinotti a decidere quali sono. Ovviamente si fa a meno del doppiaggio.
Visto oggi: Kung Fu Hustle
Un genio, un genio, quest'uomo è un genio. Si, molti storceranno la bocca e lo confronteranno negativamente con Shaolin Soccer; i più raffinati lo confronteranno con The God of Cookery; i raffinatissimi e nostalgici diranno che in coppia con Jeffrey Lau era un'altra cosa; ma noi* no. Qui ci interessa poco che i moduli comici di Stephen Chow siano rimasti pressoché inalterati, che questo film stia alle arti marziali come Shaolin Soccer sta al calcio e compagnia bella. Qui ci siamo divertiti un mondo. E' vero, manca la freschezza della novità, Chow lavora come sempre per anticlimax, per accumulazione, si rifà ai cartoni animati, racconta la storia di un perdente che diventa un vincente, parodia vari generi cinematografici e vari film, insomma lavora come altrove; ma il risultato è più pulito, deprivato dagli elementi narrativi che negli altri film costituivano in parte una zavorra. Mancano quegli elementi comici verbali che lasciavano un po' perplessi (ma bisognerebbe capire il cantonese per sapere se siano veramente scialbi o se lo sia solo la traduzione), che si perdonavano volentieri, disciolti nel mare magnum del complesso; qui tutto è secco e tirato, il ritmo è frenetico e privo di pause riflessive, le gag son quasi tutte fisiche e si avvalgono di una regia più curata ed espressiva del solito. L'immancabile storia d'amore è compressa al minimo, con i suoi inevitabili flashback e la risoluzione finale; grandissimo spazio è lasciato all'azione. Scene d'azione perfettamente coreografate - si è mosso nientepopodimenoche Yuen Woo-ping - che sono sì caricate e surreali ma sono anche tanto ricche d'inventiva e di estro da, per esempio, surclassare alla grande quelle degli ultimi film di Zhang. E poi è difficile farmi ridere a scena aperta quando guardo un film da solo e con le cuffie; Kung Fu Hustle ci è riuscito un paio di volte. Applausi. (Candidato a 16 premi HKFA; trailer) Per procurarselo *plurale maiestatis giovedì, febbraio 17, 2005
Sbarazziamoci di due film visti negli ultimi giorni
Machuca è un nostalgico (e probabilmente ampiamente autobiografico) film ambientato in Cile negli ultimi giorni del governo Allende. Ho il sospetto che la tematica porti a sopravvalutarlo; trattasi di un filmetto di educazione sentimentale con contorno pasoliniano alla "un borghese, qualunque cosa fa, sbaglia?". La classe (sociale) non è acqua. Notevole la presenza di Manuela Martelli. La schivata è un lavoro in digitale forse un po' troppo prolisso e ansiogeno nella prima parte, quando sembra di stare assistendo ad una specie di La polveriera ambientata nei sobborghi parigini e girata con lo stile di Rosetta. Poi le cose grazie al cielo si distendono un po', il tema si precisa, la mia pressione arteriosa ringrazia e il film inanella qualche ottimo momento di cinema. Non male, specie per le prestazioni di alcuni degli attori. A tratti ci si commuove addirittura.
Demagogiche domande che mai otterranno risposta
Quanti soldi delle sudate tasse avranno dato a Forattini per illustrare in modo ignobile l'opuscolo informativo Pensiamo alla salute inviato a tutte le famiglie? martedì, febbraio 15, 2005
giovedì, febbraio 10, 2005
Girellando in videoteca
Nella locale videoteca ho notato le seguenti primizie, tutte interessanti dal mio punto di vista, ma non tutte egualmente meritevoli di essere viste. In primis Tube, film d'azione coreano che pare non sia proprio il meglio del meglio che il cinema coreano abbia da offrire, ma vabbe'; in secundis Avalon di Mamoru Oshii (nome noto ai più, per i meno facciamo qualche titolo: Ghost in the Shell, Jin-Roh, Patlabor I e II), che come già dissi quando passavano i trailer e sembrava dovesse uscire in sala non è che mi sia piaciuto granché; in tertiis Machuca di cui ho letto benissimo e che ho noleggiato. Buona visione.
[CI]: Un popolo diviso in due
Joint security area, di Park Chan-wook, 2000 (trailer). Un film sulla divisione delle due Coree, di struggente bellezza, che attraverso il progressivo dipanarsi di un indagine su un incidente militare ci permette di entrare nella psicologia di un popolo diviso da una frontiera. Ben diretto, fotografato e recitato, trova nella sceneggiatura un punto di forza notevole. Commovente.
La riesumazione di cinemainvisibile
E' triste avere in giro per casa un blog morto. Io ne ho uno, il poco fortunato cinemainvisibile, nato troppo presto per i tempi. Eran tempi in cui i film orientali interessavano davvero a pochi, e quei pochi erano da un'altra parte. Da oggi in poi introdurrò in questo blog, i post di cinemainvisibile, anche al fine di un progettato e sempre dilazionato elenco dei film recensiti, ma soprattutto per sbarazzarmene e aver a che fare il meno possibile con la piattaforma di Splinder. Sono dei commenti ancor più brevi di quelle a cui sono uso qui; lo stile è più chiuso; le immagini sono più piccole. I post saranno introdotti dalla sigla [CI]; cercherò di postarli in ordine molto rado, in punta di piedi. martedì, febbraio 08, 2005
Le avventure indiane di Giuseppe Gokachu: Asoka
Ci mette molto a carburare, questo film; dall'alto delle sue quasi tre ore lo può fare tranquillamente. Nella prima metà le congiure di palazzo stanno ancora sullo sfondo e il film si dedica ai corteggiamenti dei due protagonisti; sembra di star di fronte a un lavoretto, a una cosa da poco, a una storiella d'amore non priva di melassa ambientata tre secoli prima di Cristo. Nella seconda parte però il film prende una svolta epico-tragica notevole, con il dolce Romeo che si trasforma in un cupo Macbeth e i teneri baci che lasciano spazio a cariche di cavalleria, sangue, dolore, morte. Lo stile registico un po' ingenuo, con eccessi clippetari di montaggio frenetico durante i numeri musicali, diventa anch'esso a lungo andare un pregio, permettendo di affondare senza pudore le mani nell'incandescente materia trattata, senza negarsi per timidezza inquadrature dal basso, ralenti o capelli scossi dal vento, e raggiungendo per accumulazione vette di vero epos (anche se non dubito che in una sala italiana qualcuno avrebbe riso). In questo è aiutato da una sceneggiatura piena di risvolti e sfacciatamente varia nei registri, davvero scespiriana, con tanto di fools a fare gli intermezzi. Un gradino sotto Lagaan, ma molto interessante. lunedì, febbraio 07, 2005
Segnaliamo un articolo (in inglese)
Mentre girellavo per ebay cercando di comprare La tigre e il dragone a meno di 10 euro spese di spedizione incluse (impossibile, pare), mi sono imbattuto in quest'articolo molto bello sul film di Ang Lee, uno dei miei wu-xia preferiti, alla faccia delle accuse di occidentalizzazione.
Visto oggi: Three
Il primo horror panasiatico ad episodi aveva la nomea di essere molto inferiore al successivo Three... extremes. La cosa è vera e non è vera: vediamo in dettaglio. Il primo episodio, Memories, di Kim Jee-Woon (nome noto: The Quiet Family, A Tale of Two Sisters) è un irritante esercizio di stile, con alcune sequenze magnificenti (su tutte l'inizio e la "pioggia di dita"; un po' troppo derivativa da Lynch invece la sequenza della donna che si "gratta la testa") che però non riescono a sollevare il film da una regia troppo compiaciuta, tutta volta all'elegante effetto da montaggio o da carrello senza considerazione per una storia che, raccontata con più umiltà, avrebbe potuto dare grandi soddisfazioni. Il risultato genera sbadigli raramente interrotti. Il secondo episodio, The Wheel, del thailandese Nonzee Nimbutr, è davvero poca cosa; se lasciamo stare la suggestiva messa in scena di danze e pupazzeria thai, non resta molto se non estenuanti soggettive alla Raimi girate a ritmo di lumaca. Irrilevante. Ma il terzo episodio, Going Home, di Peter Chan, è un piccolo capolavoro, che non sfigura assolutamente neanche a confronto con gli episodi di Three... extremes, anzi; una storia nera venata di malinconia, splendidamente fotografata dall'infaticabile Christopher Doyle, che più che paura genera una triste inquietudine e più che essere un horror è una disperatissima storia d'amore. In scena due dei protagonisti della trilogia Infernal Affairs: Leon Lai, che con il suo volto impassibile serve benissimo il suo personaggio, e l'ormai beneamato Eric Tsang. Con i suoi cinquantadue minuti quest'episodio vale ampiamente il prezzo del biglietto; gli altri due possono essere visti come sfiziosi extra. Ottimo, e tra tutti e sei i mediometraggi il migliore. sabato, febbraio 05, 2005
Vedete le immagini?
Mi giungono varie segnalazioni relativa al fatto che le immagini non sono più visibili e che appare il NO CROSSLINKING di Mangaitalia; io vedo tutto benissimo e quindi immagino si tratti di un problema sul client e non sul server (ovvero c'è qualcosa che non va nel PC degli utenti che non le visualizzano), ma non ne posso essere sicuro. Voi le vedete? UPDATE: Ho deciso di cambiare il server delle immagini, quindi è normale che ora le vediate. Andate piuttosto giù a controllare se vedete anche quella del 28 gennaio e precedenti... giovedì, febbraio 03, 2005
Tempo da perdere
Se Finding Nemo in italiano è (ineccepibilmente) Alla ricerca di Nemo e se Neverland in italiano è l'isola che non c'è, propongo una petizione popolare perché il film di Forster in italiano perda l'algore del titolo originale Finding Neverland e diventi un ruspante Alla ricerca dell'isola che non c'è. E già che ci siamo, si propone pure un film sull'ambigua amicizia tra Lewis Carroll e la piccola Alice Liddell dal titolo Scoprendo Alice.
Recensioni in una battuta: The Aviator
Scorsese ha girato un gran bel film, ma non s'è accorto che in sala c'eran troppi colpi di tosse durante il quarto rullo. mercoledì, febbraio 02, 2005
Visto oggi: Natural City
Quando un film è confuso, mi escono recensioni confuse Tutti i film di fantascienza coreani che ho visto hanno qualcosa in comune: sono ambiziosi, si propongono di far filosofia, e sono dei fallimenti. In tutti loro però (se per carità di militanza cinematografica non vogliamo considerare Wonderful days un "film coreano") c'è qualcosa di interessante, qualcosa di prezioso nel loro fallimento, qualcosa che meritava di uscire e invece non è uscito abbastanza, qualcosa che rimane intravisto. In tutti loro, dicevo, tranne che in questo Natural City. Perché qui tutto è già visto e rivisto (le armature alla Jin-Roh, la città devastata alla Akira, le camminate al ralenti alla John Woo, le passeggiate sulle pareti alla Matrix, gli androidi che caricano a testa bassa alla Terminator II e taciamo ovviamente di Blade Runner visto che è esplicitamente il punto di riferimento di questo film) e per di più l'esecuzione è pessima. Pessimi gli attori, pessima e troppo piena di sé la sceneggiatura, pessimi i dialoghi, pessimi i ritmi, pessimo il mèlo. Si salva solo la fotografia (si dovrà parlarne, prima o poi, di questa fotografia che sorregge mirabilmente tutto il cinema coreano; di film brutti, mal pensati, disorganizzati se ne è visti, di film mal fotografati finora no) che per quanto manierata svolge comunque il suo compito egregiamente, e qualche elemento scenografico, come il tamagotchi-fiore, per esempio, o la mutilata statua della Dea che si staglia sulla città. Cose anche queste poco originali, ma comunque d'effetto. P.S. Alcune note extra: - oltre che per la fotografia i coreani sono noti anche per la bellezza delle locandine; ma in questo caso quella che ho scelto io non è granché, mentre si nota una forte somiglianza tra quella di Jin-Roh, quella di Akira e la locandina italiana di Natural City - nel pistolotto iniziale sul cinema di fantascienza coreano si è ritenuto di non dover inserire Save the Green Planet nel genere, pur avendone per certi versi diritto - nel doppiaggio italiano si usa fastidiosamente la parola cyborg per indicare quelli che sono evidentemente degli androidi, o, per dirla alla Blade Runner, dei replicanti - il tema dell'uomo che si innamora del'androide che però perde le sue facoltà per usura si era già visto in 2046. Non mi era piaciuto neanche là. martedì, febbraio 01, 2005
Falsche Bewegung
Esprimi anche tu il tuo parere su due ipotetiche variazioni del template! 1 e 2. P.S. e vediamo che si dice pure di una Wahre Bewegung come questa.
Visto oggi: Shimotsuma monogatari
Chi di voi avesse apprezzato il noiosissimo Cutie Honey non mancherà di gradire questo Shimotsuma Monogatari, che si nutre a piene mani di materiali pop giapponesi, di estetica delle idol, di percorsi narrativi dei manga, di street look, di innesti anime e altre amenità. Un trionfo del kitsch, giocato però in modo molto più accorto e consapevole (pure troppo, dirà qualcuno) che nel marasma indistinto e decerebrato più che demenziale del film di Anno. Non è abbastanza per piacermi, ma almeno non ci si annoia, e a tratti ci si diverte genuinamente. Nella colonna sonora grandi quantità di Johann Strauss e di Yoko Kanno. Qui il trailer.
Segnalazioni televisive con largo anticipo
Domenica 6 febbraio 1.20 Raitre: Vai e vedi. Vagamente ispirato a L'infanzia di Ivan, uno dei film più duri sulla seconda guerra mondiale che mi sia mai stato dato di vedere. Un'apocalittica discesa agli inferi di 146 minuti. Sabato 12 febbraio 1.05 Raitre: L'isola. Sicuramente se leggete queste pagine avrete quantomeno sentito nominare Kim Ki-duk. Nel caso non lo conosciate benissimo e abbiate visto si e no i due (magnifici) film passati nelle sale italiane, avete modo di rifarvi guardando quello che è probabilmente il più crudo e contemporaneamente il più rarefatto dei suoi lavori. Un'esperienza poco gradevole e difficilmente dimenticabile, in cui si impara che violenza e tenerezza sono intimi parenti. Come quasi sempre in Kim, è una grande storia d'amore.
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